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QUESTO SITO STA CON IL PAPA

Online da lunedì 29 ottobre 2007 - Visualizzazioni totali

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giovedì 24 maggio 2012

La Settimana Santa a Màlaga (SPAGNA)

Dopo molti mesi di lavoro e ricerche, sono riuscito a portare a termine, sul sito La mia Settimana Santa, nella sezione Settimana Santa in Spagna, una scheda monografica su

La Settimana Santa a Màlaga

Confratello d'eccezione nel panorama confraternale di Màlaga è il notissimo attore Antonio Banderas.

* Testo a cura del dott. Francesco Stanzione.
* Foto tratte dal web.

mercoledì 16 maggio 2012

La Settimana Santa a Montescaglioso (MT)

A Montescaglioso, centro collinare della provincia di Matera di circa 10.000 abitanti, la Settimana Santa rappresenta uno dei momenti più significativi della religiosità popolare.
Anche qui infatti si svolgono riti e tradizioni secolari che sono giunti quasi immutati fino ai nostri giorni.
La Quaresima, che precede la Settimana Santa, a Montescaglioso inizia a mezzanotte tra il martedì grasso ed il Mercoledì delle Ceneri, con quaranta rintocchi scanditi da una campana, indicando la fine del Carnevale e l' inizio del periodo di penitenza.
Secondo una antica consuetudine, per le strade del paese vengono esposte per quaranta giorni sette pupazze nere ed una bianca, realizzate con stoffe
e abiti in disuso. Le pupe in nero rappresentano le sette settimane della Quaresima e sono di diversa statura; la maggiore (prima settimana) e la minore (ultima settimana) fino ad arrivare all' unica pupa bianca che rappresenta la Pasqua. Ad ognuna di queste pupazze viene dato un nome: Anna, Susanna, Rebecca, Rebanna, Pasqua, Pasquaredda, Palma e Pasquairanna.



Sul sito La mia Settimana Santa, nella sezione La Settimana Santa in Basilicata, ho realizzato una scheda monografica su


* Testo a cura del dott. Francesco Stanzione.
* Foto tratte dal web.

martedì 15 maggio 2012

Il Venerdì Santo ad Orte (VT)

Il Venerdì Santo ad Orte offre senza dubbio una delle più suggestive rievocazioni della Passione di Cristo di tutta Italia; una manifestazione di devozione dei fedeli di grande bellezza e struggimento.
Si tratta della processione del Cristo Morto che è probabilmente l'evento religioso più atteso di tutto l'anno dagli ortani e da chi ama Orte.
Essa è la più antica in Italia e, nonostante dei piccoli aggiustamenti, dagli inizi del 1200 non ha mai cambiato la sua forma originaria: un corteo mesto e devoto che accompagna Cristo alla sua sepoltura. A portare avanti questa tradizione sono le Confraternite Riunite di Orte, fra le quali spicca la Confraternita di Santa Croce che nel 2009 ha compiuto 850 anni, risultando la più longeva d'Italia.
La processione non è folclore o spettacolo, ma solo fede e preghiera. Tutta la città è al buio, solo la luce delle fiaccole illumina il passaggio dei confratelli. Il silenzio è rotto dallo strascico delle pesanti catene legate ai piedi scalzi dei cirenei, curvi sotto il peso di una pesante croce, ad espiazione così dei loro peccati.
Lo storico ortano Delfo Gioacchini (1918 - 1999), nel definire l'antichità e l'esatta conservazione dei rituali della processione del Cristo Morto di Orte, dice:
"Se per un ipotesi impossibile tornassero a noi gli ortani del '200 o dei secoli successivi, certamente stenterebbero a riconoscere la struttura della città in cui vissero, tante sono state le modifiche che essa ha avuto. Ma certamente rivedrebbero con profonda commozione la processione alla quale essi stessi parteciparono, così come essi la vissero".

Sul sito La mia Settimana Santa, nella sezione dedicata alla Settimana Santa nell' Italia Centro-Settentrionale, è possibile accedere alla scheda monografica su


IL VENERDI' SANTO AD ORTE (VT)

* Testo a cura del dott. Francesco Stanzione.
* Foto tratta dal web.

lunedì 14 maggio 2012

La Settimana Santa nell'Italia centro-settentrionale: Il Venerdì Santo a Civitavecchia (RM)

Le Funzioni e Riti che durante la Settimana Santa vengono celebrati nelle Regioni del Centro e del Nord d'Italia sono limitate ormai quasi esclusivamente a quelle previste dalla Liturgia ufficiale della Chiesa Cattolica, avendo il loro culmine nel cosiddetto Triduo Pasquale che chiude praticamente la Settimana Santa stessa.
Salvo quindi rarissime eccezioni, è la sola giornata del Venerdì Santo a vedere lo svolgersi di processioni simili a quelle che invece nel Meridione sfilano per le vie di ogni città, paese o perfino frazione; è chiaramente diversa la matrice storica alla base di usi e costumi che differenziano il Centro-Nord dal Sud, non solo dal punto di vista religioso.
A fronte di quanto però detto, vi sono alcune realtà quali Savona (in Liguria) oppure Orte e Civitavecchia (nel Lazio), dove è ancora vivissima, da parte di secolari Confraternite, la tradizione di organizzare una grande processione nella giornata del Venerdì Santo.
Tra l'altro, proprio a Savona, benchè con cadenza biennale (negli anni pari), la processione detta del Cristo Morto si connota con la presenza di ben quindici gruppi statuari di grande valenza artistica (detti "Casse"), cosa che la rende molto simile a quelle che a circa mille chilometri di distanza si svolgono in Sicilia, in località quali Trapani o Caltanissetta.



Iniziamo quindi un nuovo "viaggio" nella

domenica 13 maggio 2012

La Settimana Santa in Basilicata: Barile (PZ)

Nella mia descrizione della Settimana Santa nel Sud d'Italia, ho fino ad ora trascurato una regione a me molto cara: la Basilicata. Ho provveduto a colmare questa lacuna creando, sul sito La mia Settimana Santa, una nuova sezione dedicata a


La Basilicata o Lucania, in virtù della sua posizione, per secoli ai margini delle grandi strade di comunicazione
"si presenta rispetto alla tradizione popolare come un'area prevalentemente conservativa", come scrive Giovanni Bronzini che con Ernesto De Martino ha maggiormente studiato questo aspetto della regione.
Nelle campagne, soprattutto del materano, sopravvivono infatti usi e tradizioni la cui origine si perde nella notte dei tempi.
Tra questi sono senz'altro da annoverare anche i Riti della Settimana Santa, rimarcando però, rispetto alla confinante regione Puglia, che tipologicamente sono molto diversi.
Infatti, mentre in Puglia, durante la Settimana Santa, sono preminenti le processioni, in genere dette dei Misteri perchè costituite da più simulacri che raccontano visivamente i vari momenti della Passione, in Basilicata è ben difficile che si svolga tale tipo di processione.
Non solo, ma è quasi sempre la sola giornata del Venerdì Santo quella in cui vi sono manifestazioni religiose esterne, fuori dalla Liturgia Ufficiale, cosa che non accade infatti in Puglia dove, già dal Venerdì di Passione, vi sono un po' dappertutto processioni della Addolorata.
Salvo rari casi quali Montescaglioso, in provincia di Matera, in cui il Venerdì Santo vi è una interessante processione dei Misteri che coinvolge tutte le quattro confraternite cittadine, nel resto della regione, a farla da padrone, sono le cosiddette Sacre Rappresentazioni con personaggi viventi.
Da segnalare sono quelle che si svolgono nel comprensorio Vulture-Melfese (nella provincia di Potenza) a Barile, Rapolla, Rionero, Atella, Maschito e Venosa.
Particolarmente importante e conosciuta anche a livello nazionale è la "Via Crucis" che si svolge a Barile, facente parte di quel novero di paesi di origine
"arbëreshë", cioè albanesi, insieme a Maschito e Ginestra (anch'essa nel comprensorio Vulturino) e S. Costantino Albanese e S. Paolo Albanese (ai piedi del massiccio del Pollino).
A Barile, coerentemente con l'origine albanese, uno dei principali figuranti nella Via Crucis è infatti la
"Zingara", una bella ragazza del paese che veste un abito tradizionale albanese ed è ricoperta da gioielli prestati dalle famiglie più abbienti (un chiaro richiamo quindi al popolo fondatore della cittadina).



Nel solco del richiamo alle origini, il personaggio della "Zingara" è presente anche nella Via Crucis vivente che si svolge a Maschito; ma anche a Rionero e Ripacandida, pur non avendo la stessa origine, la "Zingara" è uno dei personaggi chiave della Sacra Rappresentazione.
Un posto degno di nota è occupato, durante la Settimana Santa lucana, dai canti tradizionali, tra cui spiccano proprio quelli delle comunità
"arbëreshë" di origine albanese, splendide nenie struggenti e malinconiche, spesso cantate in costume che si tramanda di madre in figlia.

Ho quindi ritenuto opportuno iniziare il "viaggio" nella Settimana Santa Lucana proprio da


La Settimana Santa a Barile (PZ)


* Testo a cura del dott. Francesco Stanzione.
* Foto a cura di Michele Santarsiere.

martedì 8 maggio 2012

Un molfettese a Caltanissetta per il Convegno su Itinerari del turismo religioso - 11 maggio 2012

Mi fa grandemente piacere segnalare la presenza a Caltanissetta, per il Convegno in oggetto, del nostro concittadino e mio carissimo amico Gaetano Armenio, presidente della Associazione OPERA e ideatore del "Progetto Settimana Santa in Puglia".
Mi fa doppiamente piacere perchè l' anima di questo Convegno è il mio fraterno amico Gianni Taibi, Gran Cerimoniere della Real Maestranza e Coordinatore del Comitato per la Settimana Santa di Caltanissetta.




Nell' attesa che a Caltanissetta si svolga dal 15 al 27 maggio 2012 il

FESTIVAL DELLA COMUNICAZIONE
Silenzio e parola: cammino di evangelizzazione

venerdì 11 maggio, alle ore 17.00, si terrà presso il Museo Diocesano della stessa città un Convegno sul tema

ITINERARI DEL TURISMO RELIGIOSO

Interverrano:

Gaetano Armenio (Presidente Associazione culturale “Opera” Ass.to al Turismo Regione Puglia)

Comunicazione progetto “Brand” Settimana Santa e i Patroni di Puglia

Gerlando Gianni Taibi (Presidente Associazione Internazionale “Passio Domini Cumpassio Mariae”)

Borsa Internazionale del turismo religioso “I luoghi della Passione ed i Santi Patroni in Sicilia e Puglia”

Lorenzo Bellicini (Direttore CRESME)

Economia, turismo e turismo religioso: Scenari per la Sicilia del XXI secolo

* Testo a cura del dott. Francesco Stanzione.
* Foto fornita da Gianni Taibi.

lunedì 7 maggio 2012

La Festa dell' Ascensione a Molfetta

A cura del prof. Cosmo Tridente.

Il 20 maggio la Chiesa Cattolica celebra la festa dell’Ascensione, cioè la salita al Cielo di nostro Signore che è l’ultimo atto della sua vita terrena.
L’episodio non è narrato dagli evangelisti allo stesso modo. Marco, infatti, afferma che dopo aver parlato agli apostoli “Gesù
fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio” (Marco 16, 19). Luca aggiunge che l’Ascensione avvenne a Betania mentre Gesù benediceva gli apostoli (Luca 24, 50-51) e negli Atti degli apostoli (1, 9-11) è precisato che, mentre gli apostoli stavano guardando, Gesù “fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo”. Matteo non accenna all’ascesa fisica vera e propria, ma sottolinea il potere che si irradia dall’Ascensione di Gesù: “Ogni potere mi è stato dato in cielo e in terra” (Matteo 28, 19). Giovanni parla solo indirettamente dell’Ascensione nell’episodio del “noli me tangere” quando Gesù dice alla Maddalena: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre. Ma và dai miei fratelli e dì loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro” (Giovanni 20, 17).



Per i credenti, giusta la riflessione di Mons. Francesco Lambiasi, l’Ascensione non rappresenta la “sottrazione” della persona di Gesù al nostro contatto, ma costituisce la “moltiplicazione” della sua presenza. Questo aspetto dell’Ascensione che rende fisicamente invisibile ma spiritualmente onnipresente il Cristo, è stato ben espresso dalla scrittrice Elsa Morante, nel suo celebre romanzo La Storia (pubblicato nel giugno del 1974 nella collana Gli Struzzi dalla casa editrice Einaudi): “Ah, Cristo, sono duemila anni che aspettiamo il tuo ritorno. Io - risponde lui - non sono mai partito da voi. Siete voi che ogni giorno mi linciate, o peggio ancora, tirate via senza vedermi, come s’io fossi l’ombra di un cadavere putrefatto sotto terra. Io tutti i giorni vi passo vicino mille volte, mi moltiplico per tutti quanti siete, i miei segni riempiono ogni millimetro dell’universo, e voi altri non li riconoscete, pretendete di aspettare chi sa quali altri segni volgari”.
Da principio l’Ascensione era celebrata il giovedì che segue la quinta domenica dopo Pasqua, ossia quaranta giorni dopo la Pasqua. A partire dal 1977 fu spostata alla domenica successiva per dare maggiore solennità alla liturgia celebrativa.
Nella solennità dell’Ascensione è tradizione a Molfetta collocare, all’interno dell’arco della Terra (un tempo sul frontone del medesimo arco) una croce fatta di rami, piante orticole, fiori e frutti novelli. Duplice è il significato di questo rito. Anzitutto vuole esprimere un atto di offerta al Signore delle primizie della terra, chiedendo la sua benedizione. In secondo luogo, con il patrocinio di S. Corrado, si invoca la benedizione di Dio su tutta la città e i suoi abitanti affinché in essa si cammini nella fedeltà alla legge di Dio. Il rito ha inizio in Cattedrale con la celebrazione di una Messa solenne. Subito dopo, tra nuvole di incenso, la croce viene portata a braccia in processione per essere innalzata sull’arco della città vecchia. Accompagna la croce il Capitolo Cattedrale e una moltitudine di fedeli che rispondono alla litania dei santi (antichissima preghiera litanica che si fa risalire a Papa Gregorio Magno nel 590), cantata dai sacerdoti lungo il percorso.
In passato, nella ricorrenza dell’Ascensione, si approntavano in campagna e nei portoni, con robuste funi, delle altalene (tùndre) per il divertimento di ragazzi e ragazze che cantavano un canto tipicamente molfettese: l’Asscèlse (l’Ascensione). Come ha scritto Marco Ignazio de Santis (Il Canto dell’Ascensione e una ninna nanna molfettese, Mezzina, Molfetta 1979), si tratta “di un canto databile almeno dall’Ottocento, originariamente d’indole rituale-propiziatoria, basato su di un nucleo fondamentale di 3-4 strofe, più il ritornello invocante S.Alò, ai quali sono andati a mescolarsi altri versi, in un libero scambio tra famiglie, comitive e singoli individui, con la creazione di nuove strofe, la contaminazione da altri filoni del patrimonio popolare e con la mutuazione più o meno integrale da altre canzoni”. Di seguito riporto le prime quattro strofe con ritornello:

1. La dì de l’Asscèlze è nzegnélàte:
quénne cadì la gràzie ind’a rre ggréne!

Rit. E une, e ddue, e ttrè
sénd’Alò fàue (falla) cadè,
e cci né u (lla) fè cadè,
cusse(chèsse) crestiéne né mmóere mè

2. O tundr’o tundre, o dì de l’Asscèlze,
ném bózze scì è mmèsse a la parrócchie

Rit. Idem

3. Ténghe nu fazzelétte a rrócchje a rrócchje,
ném bózze scì è mmèsse a la parrócchie

Rit. Idem

4. Ténghe nu énidde a cciende pèete
pe ffa sckattà la ggènde de ddo ddrèete

Rit. Idem

Traduco:

1. Il giorno dell’Ascensione è segnalato
quando cadde la grazia (divina) nel grano

Rit. E uno, e due e tre
S.Alò, fallo (falla) cadere,
e se non lo (la) fai cadere,
questa persona non muore mai

2. Sull’altalena, sull’altalena, il giorno dell’Ascensione
non posso andare a messa in parrocchia

3. Ho un fazzoletto (per il capo) tutto macchiato
non posso andare a messa in parrocchia

4. Ho un anello con cento pietre (preziose)
per far schiattare (d’invidia) la gente del vicinato.

Oggi i giochi sono prodotti dalle industrie; la TV e il computer hanno ucciso la creatività dei ragazzi, eliminando i segni educativi del gioco: i movimenti, la socializzazione, la fantasia, la costruzione, l’avventura. Un tempo con poco si sopravviveva alla noia. Oggi purtroppo ciò non avviene più, come pure, a causa dell’aumento del benessere e del traffico non si gioca più nelle strade e i giochi tradizionali come o tùndre (all’altalena), a zzì trave lùenghe (una specie di salta cavallina umana), a la gòmme (alla gomma), a chevà (a nascondino), o pitinghìne (scatto con il dito), a la corde (alla corda), continuano a vivere solo nella memoria dei più anziani. Giustamente Ugo Foscolo, nelle sue Ultime lettere di Jacopo Ortis, così scriveva: “Facciamo tesoro di ricordi cari e soavi i quali ci dèstino, negli anni che ancora lunghi e tormentati ci avanzano, le memorie che non siamo sempre vissuti nel dolore”.

* Testo a cura del prof. Cosmo Tridente.
* Foto tratta dal web.

venerdì 4 maggio 2012

La Madonna Addolorata e il suo umano dolore

A cura del prof. Cosmo Tridente.

Fra i tanti titoli attribuiti a Maria, il più sentito perché più vicino alla realtà umana è quello di Beata Vergine Maria Addolorata la cui devozione trae origine dai passi del Vangelo dove si parla della presenza di Maria sul Calvario.
Il dolore di Maria, come ha scritto Antonio Borrelli, è più facile comprenderlo perché lo subiamo anche noi, seppure in condizioni e gradi diversi. “Veder morire un figlio – scrive l’autore citato - al quale avrebbe voluto ridare altre cento volte la vita e magari sostituendosi ad esso nel morire, è per una madre il dolore più grande che ci sia, non vi sono parole che possano consolare”. Le tantissime madri che nel tempo hanno subito questo immenso dolore, a lei si sono rivolte per trovare sostegno e consolazione (Médonn’Addiloràte, nell’invocazione in vernacolo molfettese), perché Maria ha visto morire il figlio in maniera atroce, consapevole della sua innocenza, soffrendo per la cattiveria, l’incomprensione, la malvagità scatenate contro di lui. Ma non fu solo per la ingiusta condanna a morte, il dolore di Maria fu l’epilogo di un lungo soffrire, conservato in silenzio nel suo cuore, iniziato dalla profezia del vecchio Simeone, pronunziata durante le Presentazione di Gesù al Tempio: “E anche a te una spada trafiggerà l’anima”.

“Quindi anche tutti coloro che soffrono – continua Borrelli - le pene derivanti da malattie, disabilità, ingiustizia, povertà, persecuzione, violenza, perdita di persone care, tradimenti, mancanza di sicurezza, solitudine, ecc. guardano a Maria consolatrice di tutti i dolori; perché avendo sofferto tanto già prima della Passione di Cristo, può essere il faro a cui guardare nel sopportare le nostre sofferenze ed essere comprensivi di quelle dei nostri fratelli, compagni di viaggio in questo nostro pellegrinaggio terreno”.
Le celebrazioni liturgiche alla Madre Dolorosa hanno avuto nel tempo varie tappe. Il 9 giugno del 1668, la Sacra Congregazione dei Riti permetteva all’Ordine dei frati “Servi di Maria”, fondato a Firenze nel 1233, di celebrare la Messa votiva dei Sette Dolori della Beata Vergine. Successivamente Papa Innocenzo XII, il 9 agosto 1692 autorizzò la celebrazione di questa Messa la terza domenica di settembre. Il 18 agosto 1714 la Sacra Congregazione decise di celebrare i Sette Dolori di Maria il venerdì precedente la Domenica delle Palme. Infine, Papa Pio X fissò la data definitiva del 15 settembre, subito dopo la celebrazione dell’Esaltazione della Croce (14 settembre), con memoria non più dei “Sette Dolori”, ma più opportunamente come “Beata Vergine Maria Addolorata”.
La Vergine Addolorata, dal punto di vista scultoreo, è in piedi vicino alla Croce, vestita di nero per la perdita del Figlio, con una spada che trafigge il suo il cuore. Diversa è la raffigurazione della “Pietà”, penultimo atto della Passione, che sta tra la deposizione e la sepoltura di Gesù: Maria sorregge adagiato sulle sue ginocchia il corpo esanime del Figlio, lo piange e lo offre nello stesso tempo a Dio per la redenzione dell’umanità.
Concludo con una bellissima invocazione a Maria Addolorata: Maria, Madre dolorosa, che dopo aver conosciuto l’infinita umiltà di Dio nel Bambino di Betlemme, hai provato il dolore straziante di stringere tra le braccia il corpo martoriato, insegnaci a non disertare i luoghi del dolore; rendici capaci di attendere con speranza quell’aurora pasquale che asciuga le lacrime di chi è nella prova.

* Testo a cura del prof. Cosmo Tridente.
* Foto a cura del dott. Francesco Stanzione (antecedenti il restauro della Addolorata).