David Maria (al secolo
Giuseppe) Turoldo (Coderno di Sedegliano, Udine, 22 novembre 1916 -
Milano, 6 febbraio 1992). In tutta la sua poderosa opera poetica, si
riflettono la passione, l’entusiasmo, la spontaneità, le scelte
della sua vita. Padre David Maria fu un sacerdote dal cuore
sensibile, senza dubbio: fu sostenitore del progetto Nomadelfia, il
villaggio nato per accogliere gli orfani di guerra “con la
fraternità come unica legge”, fondato da don Zeno Saltini; fu
anche amico di Pier Paolo Pasolini, ma di lui non gli interesserà la
“sua conversione personale”, quanto piuttosto la collaborazione
per realizzare il suo unico film: Gli Ultimi, nel 1962.
Gli ultimi anni della sua
vita, oltre a essere segnati dal dramma della lotta contro la
malattia e dalla più alta produzione poetica, costituirono per
Turoldo un più sereno rapporto con la Chiesa, di cui furono segni
eloquenti la rinnovata chiamata a predicare nel duomo di Milano da
parte del cardinale Carlo Maria Martini e l'assegnazione del premio
Lazzati da parte della Fondazione Ambrosianeum.
Per la ricorrenza del
Natale, riporto un suo scritto “Lettera di Natale” che ci fa
riflettere, soprattutto in questo tempo di crisi economica, sociale e
morale. “Sono tempi di grande spettacolo, se volete, di grandi
parate, ma di poche verità, tempo di apparenze più che di
apparizioni”, osservava il religioso dell’Ordine dei servi di
Maria.
Leggiamo insieme:
Quando
a uno si dice: guarda che hai un cancro, bello bello, seduto nel
centro del ventre come un re sul trono, allora costui - se cerca di
avere fede - fa una cosa prima di altre: comincia ad elencare ciò
che conta e ciò che non conta; e cercherà di dire, con ancora più
libertà di sempre, quanto si sente in dovere di dire, affinché non
si appesantiscano ancor di più le sue responsabilità.
E continuerà a dirsi: la Provvidenza mi lascia ancora questo tempo e io non rendo testimonianza alla verità! E’ dunque per queste ragioni, caro Gesù, che mi sono deciso a scriverti in questo Natale.
Non credo proprio per nulla ai nostri Natali: anzi penso che sia una profanazione di ciò che veramente il Natale significa, costellazioni di luminarie impazzano per città e paesi fino ad impedire la vista del cielo. Sono città senza cielo le nostre. Da molto tempo ormai! E’ un mondo senza infanzia. Siamo tutti vecchi e storditi. Da noi non nasce più nessuno: non ci sono più bambini fra noi. Siamo tutti stanchi: tutta l’Europa è stanca: un mondo intero di bianchi, vecchi e stanchi.
E continuerà a dirsi: la Provvidenza mi lascia ancora questo tempo e io non rendo testimonianza alla verità! E’ dunque per queste ragioni, caro Gesù, che mi sono deciso a scriverti in questo Natale.
Non credo proprio per nulla ai nostri Natali: anzi penso che sia una profanazione di ciò che veramente il Natale significa, costellazioni di luminarie impazzano per città e paesi fino ad impedire la vista del cielo. Sono città senza cielo le nostre. Da molto tempo ormai! E’ un mondo senza infanzia. Siamo tutti vecchi e storditi. Da noi non nasce più nessuno: non ci sono più bambini fra noi. Siamo tutti stanchi: tutta l’Europa è stanca: un mondo intero di bianchi, vecchi e stanchi.
Il
solo bambino delle nostre case saresti tu, Gesù , ma sei un bambino
di gesso! Nulla più triste dei nostri presepi: in questo mondo dove
nessuno più attende nessuno. L’occidente non attende più nessuno,
e tanto meno te: intendo il Gesù vero, quello che realmente non
troverebbe un alloggio ad accoglierlo. Perché, per te, vero Uomo
Dio, cioè per il Cristo vero, quello dei “beati voi poveri e guai
a voi ricchi”; quello che dice “beati coloro che hanno fame e
sete di giustizia ..”, per te, Gesù vero, non c’è posto nelle
nostre case, nei nostri palazzi, neppure in certe chiese, anche se le
tue insegne pendono da tutte le pareti...Di te abbiamo fatto un
Cristo innocuo: che non faccia male e non disturbi; un Cristo
riscaldato; uno che sia secondo i gusti dominanti; divenuto proprietà
di tutta una borghesia bianca e consumista.
Un
Cristo appena ornamentale. Non un segno di cercare oltre, un segno
che almeno una chiesa creda che attendiamo ancora…Eppure tu vieni,
Gesù; tu non puoi non venire…Vieni sempre, Gesù. E vieni per
conto tuo, vieni perché vuoi venire. E’ così la legge dell’amore.
E vieni non solo là dove fiorisce ancora un’umanità silenziosa e
desolata, dove ci sono ancora bimbi che nascono; dove non si ammazza
e non si esclude nessuno, pur nel poco che uno possiede, e insieme si
divide il pane.
Ma
vieni anche fra noi, nelle nostre case così ingombre di cose inutili
e così spiritualmente squallide. Vieni anche nella casa del ricco,
come sei entrato un giorno nella casa di Zaccheo, che pure era un
corrotto della ricchezza. Vieni come vita nuova, come il vino
nuovo che fa esplodere i vecchi otri. Convinto di queste cose e certo
che tu comunque non ci abbandoni, così mi sono messo a cantare un
giorno:
Vieni di notte,
ma nel nostro cuore è sempre notte:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni in silenzio,
noi non sappiamo più cosa dirci:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni in solitudine,
ma ognuno di noi è sempre più solo:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni , figlio della pace,
noi ignoriamo cosa sia la pace:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni a consolarci,
noi siamo sempre più tristi:
e dunque vieni sempre , Signore.
Vieni a cercarci,
noi siamo sempre più perduti:
e dunque vieni sempre, Signore.
ma nel nostro cuore è sempre notte:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni in silenzio,
noi non sappiamo più cosa dirci:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni in solitudine,
ma ognuno di noi è sempre più solo:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni , figlio della pace,
noi ignoriamo cosa sia la pace:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni a consolarci,
noi siamo sempre più tristi:
e dunque vieni sempre , Signore.
Vieni a cercarci,
noi siamo sempre più perduti:
e dunque vieni sempre, Signore.
* Testo a cura del prof. Cosmo Tridente.
* Foto tratte dal web.