A cura del prof. Cosmo Tridente.
Il 26 luglio la Chiesa cattolica commemora la figura di Sant’Anna e di suo marito San Gioacchino.
Nonostante che dei due personaggi non ci siano documenti provenienti dalla Sacra scrittura e da testi ufficiali e canonici, il culto di Sant’Anna è estremamente diffuso sia in Oriente che in Occidente.
Nonostante che dei due personaggi non ci siano documenti provenienti dalla Sacra scrittura e da testi ufficiali e canonici, il culto di Sant’Anna è estremamente diffuso sia in Oriente che in Occidente.
Gioacchino fu lasciato discretamente in disparte per lunghi secoli e poi inserito nelle celebrazioni in data diversa; Anna il 25 luglio dai Greci in Oriente e il 26 luglio dai Latini in Occidente, Gioacchino dal 1584 venne ricordato prima il 20 marzo, poi nel 1788 alla domenica dell’ottava dell’Assunta, nel 1913 si stabilì il 16 agosto, fino a ricongiungersi, nel nuovo calendario liturgico, alla sua consorte il 26 luglio.
Notizie dettagliate sono invece fornite dall'apocrifo Protovangelo di San Giacomo, risalente al sec. II e dalla Legenda Aurea.
La Legenda Aurea (spesso italianizzato in Leggenda Aurea) è una collezione di vite di santi scritta in latino dal domenicano Jacopo da Varazze (Giacomo da Varazze), arcivescovo di Genova. Fu compilata a partire dagli anni sessanta del XIII secolo e l'autore continuò a lavorarci fino alla sua morte, avvenuta nel 1298.
Secondo tale Leggenda, Anna era figlia di Achar e sorella di Esmeria, madre di Santa Elisabetta e nonna del Battista. Prima delle sue nozze con Gioacchino, Anna era stata sposata due volte: dalla sua prima unione era nata Maria, moglie di Cleofa e madre di Giacomo il Minore; dalla seconda Salomè, moglie di Zebedeo e madre degli apostoli Giacomo il Maggiore e Giovanni. Il suo matrimonio con Gioacchino, uomo virtuoso e molto ricco della tribù di Giuda e della stirpe di Davide, non produsse prole, anche dopo venti anni, a causa della sterilità del marito.
Un giorno Gioacchino si recò al Tempio per fare, secondo la legge di Mosé, la sua solita offerta al Signore, ma il gran sacerdote Ruben gli disse: "Tu non sei degno di offrire i tuoi doni perché non hai dato ancora al Signore il frutto della primogenitura d'Israele". Pieno di confusione, Gioacchino non ebbe il coraggio di ritornare a casa. Per non amareggiare la sua consorte si ritirò in una sua proprietà montana dove per quaranta giorni e quaranta notti si diede all'orazione e al digiuno. Dal canto suo Anna, avuto conoscenza di quanto era avvenuto, mortificata e avvilita, pregava nella sua casa il Signore affinché concedesse anche a lei un figlio, come lo aveva concesso alla vecchia e sterile Sara.
La loro preghiera fu esaudita. Un giorno, mentre Anna stava effondendo le sue lacrime davanti al Signore, fu visitata da un angelo, che le promise il concepimento di un figlio. Lo stesso lieto annunzio fu dato a Gioacchino il quale si affrettò a ritornare a Gerusalemme con il suo gregge. I due si incontrarono alla porta aurea di Gerusalemme: gli autori medievali vedono nel loro casto bacio il momento dell'Immacolata concezione di Maria. Secondo il costume ebraico, in ringraziamento a Dio, Gioacchino offrì dieci agnelli, dodici vitelli e cento capri puri e senza macchia. Nove mesi più tardi nacque loro una figlia, alla quale posero il nome Maria. Secondo la tradizione Anna e Gioacchino, con Maria bambina, abitavano a Gerusalemme nei pressi dell'attuale Porta dei Leoni, nella parte nord orientale della città vecchia, laddove ci sono i resti della piscina di Bethesda. Oggi nel luogo dove avrebbero abitato e dove sarebbe cresciuta Maria sorge una chiesa costruita dai crociati nel XII secolo, dedicata a sant'Anna e custodita dai Padri Bianchi.
La tradizione vuole che le reliquie della Santa furono salvate dall'essere distrutte dal centurione Longino (soldato romano che trafisse con la propria lancia il costato di Gesù crocifisso per accertare che fosse morto). I resti furono poi custoditi in Terra Santa finché ad opera di alcuni monaci non giunsero in Francia dove rimasero per anni. Durante le famose incursioni ottomane, l'intero corpo fu chiuso in una bara di cipresso e murato, per precauzione, in una cappella scavata sotto la nascente cattedrale di Apt. Molti anni dopo avvenne il ritrovamento, preceduto e seguito, secondo i racconti, da diversi miracoli che portarono all'identificazione del corpo, grazie soprattutto ad una scritta in greco. In seguito ne avvenne la smembratura e divisione fra i vari nobili ed il clero. Tra i presunti miracoli si ricorda il "lumino", rimasto acceso accanto alla bara di cipresso per anni nonostante l'assenza di aria.
Sant’Anna è invocata come protettrice delle donne incinte, che a lei si rivolgono per ottenere da Dio tre grandi favori: un parto felice, un figlio sano e latte sufficiente per poterlo allevare.
* Testo a cura del prof. Cosmo Tridente.
* Foto a cura del dott. Francesco Stanzione, tratte dal sito Chiesa SS. Trinità o di S. Anna - Molfetta.