A cura del prof. Cosmo Tridente.
Nel Vangelo di Luca (4, 38-39) leggiamo: “Uscito dalla sinagoga entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda ad una grande febbre e lo pregarono per lei. Chinatosi su di lei, intimò alla febbre, e la febbre la lasciò. Levatasi all’istante, la donna cominciò a servirli”.
Poiché il Vangelo riferisce la guarigione della suocera, si conclude che San Pietro era sposato. Che fine abbia fatto sua moglie dopo la chiamata di Gesù lo possiamo dedurre da un altro brano evangelico. Scrive Matteo (4, 18-22): “Mentre camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori. E disse loro: Seguitemi, vi farò pescatori di uomini. Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono”. Dal testo non risulta che il Signore abbia chiesto a Pietro di lasciare la moglie. Infatti, Gesù non ha detto “lasciate tutto”, ma “seguitemi”.
Verrebbe quindi da pensare che Pietro se la sia portata dietro, la moglie. A questo sembra far riferimento San Paolo, quando nella prima lettera ai Corinzi (9,5) dice: “Non abbiamo il diritto di portare con noi una donna credente, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?”
La Bibbia di Gerusalemme annota: “In ogni modo, per questo compito consistente nell’alleggerirli dai problemi materiali, gli apostoli sposati, come Cefa (Pietro) sceglievano normalmente la loro sposa”. Il Vangelo, inoltre, afferma che al seguito di Gesù e degli apostoli vi erano donne che li assistevano con i loro beni (Luca 8, 1-3): Allora si deve concludere che la moglie di Pietro era tra quelle donne e che, come sostiene Tito Flavio Clemente, meglio conosciuto come Clemente Alessandrino (150 circa – 215 circa), seguì il marito nella sua predicazione e morì martire prima di lui. Constatato che San Pietro fosse sposato, la curiosità va oltre: quale nome avrebbe avuto la sua sposa? Ci sarebbero stati dei figli nati dal loro matrimonio? Un autorevole biblista, Salvatore Garofalo, così scrive in proposito:“Simone, che Gesù chiamò Pietro, appare nella storia evangelica, verso l’anno 27/28 d.C., in età già matura, forse sulla quarantina, sicché la sua nascita andrebbe posta in un anno imprecisato degli ultimi che precedettero l’era volgare. A quest’uomo, i Vangeli dedicano una amorosa e puntuale cura, ma di lui riferiscono soltanto pochi dati anagrafici. Egli portava il nome assai comune del secondo figlio del patriarca Giacobbe Simeone, nella forma grecizzante Simone, ed era figlio di un certo Giovanni.
Aveva un fratello - se più anziano o più giovane di lui non si può dire con certezza - con un bel nome greco : Andrea, cioè « virile », « coraggioso ». I due erano pescatori, mestiere di famiglia, possedevano una barca e lavoravano in società con Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo. Venivano dalla città di Betsaida in Galilea, ma li troviamo residenti nella vicina Cafarnao, in una casa propria, dove viveva anche la suocera di Simone, il quale, ovviamente, era ammogliato.
Della consorte di Pietro non si ha alcuna traccia nei Vangeli; la fantasia devota ha voluto supplire a questo silenzio, dandole un improbabile nome latino, Perpetua o Concordia. Anche l’eventuale prole di Simone è assente dai Vangeli; autori tardivi parlano soprattutto di una femmina, Petronilla, il cui nome si credette di derivare dal nome stesso di Pietro, mentre si collega col classico Petronio.
I vangeli sono fatti così: deludono la curiosità, frenano la fantasia. Gli evangelisti scrivevano per indurre a riflettere e a credere, per ridurre i lettori ad accettare il terribile e beatificante mistero della presenza del Figlio di Dio tra gli uomini. Chiunque, nelle pagine dei vangeli, viene a contatto con Cristo è come bruciato alla sua fiamma, ridotto a un’anima nuda. È anche vero, però, che gli evangelisti parlavano di avvenimenti vicinissimi ai loro primi lettori, di uomini ancora vivi in quel tempo o da poco scomparsi, appartenenti ad un contesto religioso, storico e sociale di attualità, mentre noi dobbiamo correre il rischio di ricostruire pazientemente quel mondo con gli scarsi dati superstiti” (cfr.Salvatore Garofalo, Pietro nell’evangelo, Coletti, pp.1-2).
* Testo a cura del prof. Cosmo Tridente.
* Foto tratte dal web.