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mercoledì 28 marzo 2018

Di chi è il teschio rappresentato nello stemma dell’Arciconfraternita della Morte?


Ho ricevuto, e volentieri pubblico, quanto inviatomi dal carissimo amico Sergio Pignatelli, già Priore della Ven.le Confraternita di Sant'Antonio da Padova in Molfetta.
 

Pubblico questo breve articolo sulle pagine del blog dell'amico Francesco Stanzione a titolo di stima reciproca e per ringraziarlo del continuo supporto verso il sodalizio antoniano molfettese di cui faccio parte e del quale sono anche stato umile priore.


Generalmente il simbolo della morte nella società contemporanea e non solo è quasi sempre stato rappresentato da un cranio umano e da due tibie incrociate (in inglese skull and crossbones). E' un simbolo diffuso in molti contesti ed è spesso usato anche per rappresentare il pericolo di morte. Basti pensare alle sostanze tossiche o al trasporto di merci pericolose. Anche il Jolly Roger, la bandiera tradizionale dei pirati americani ed europei, conteneva questo simbolo allo scopo di terrorizzare le vittime e costringerle alla resa. Molti cimiteri, soprattutto spagnoli, utilizzavano all'ingresso questa simbologia. Va da sé, che per i motivi appena citati, molte persone sono portate a credere che lo stemma dell'Arciconfraternita della Morte sia appunto un generico cranio umano con due tibie incrociate a simboleggiare il trapasso della vita umana

In realtà lo stemma dell'Arciconfraternita è leggermente più complesso perché oltre ai simboli già menzionati è presente anche una piccola croce che si incastona sulla parte superiore del cranio. Un dettaglio non da poco perché permette di dare un'interpretazione completamente differente allo stemma

Facciamo un passo indietro. Gesù Cristo viene crocifisso in un luogo denominato Calvario (da latino Calvarium) o Golgota (dall'aramaico gūlgūtā). In entrambi i casi il luogo fa riferimento ad un cranio. Gli evangelisti stessi ci tengono a sottolineare che il luogo della crocifissione è appunto "il luogo del cranio": nel Vangelo secondo Matteo «Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio» (Matteo 27,33), nel Vangelo secondo Marco «Condussero dunque Gesù al luogo del Gòlgota, che significa luogo del cranio» (Marco 15,22), nel Vangelo secondo Luca «Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra» (Luca 23,33) e nel Vangelo secondo Giovanni «Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Gòlgota» (Giovanni 19,17).

Nella prima epistola ai Corinzi così Paolo di Tarso descrive la venuta del Messia: "Fratelli, il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita" (1 Corinzi 15,45). Per questo motivo, Origene di Alessandria, teologo e filosofo greco antico del III secolo, uno tra i principali scrittori e teologi cristiani, direttore della «scuola catechetica» di Alessandria, riteneva che il Golgota fosse il luogo della sepoltura di Adamo. Una interpretazione che ribadisce il ruolo di Gesù Cristo come "nuovo Adamo" ovverosia come Redentore.

Il teschio sormontato dalla croce presente nello stemma dell'Arciconfraternita della morte, quindi, descrive appunto questa simbologia con il teschio che rappresenta, appunto, il cranio di Adamo. Questa interpretazione è stata assunta nei secoli in molte iconografie di crocifissi al punto da entrare a far parte della tradizione cristiana. Ci sono molte opere che potrebbero essere citate, qui mi limito a citarne solo una tra le più famose ovvero il Crocifisso di Santa Maria Novella di Giotto, databile tra il 1290 e il 1295.

Con la speranza che possa essere di pubblico interesse,

dott. Sergio Pignatelli

* Testo a cura del dott. Sergio Pignatelli.
* Foto a cura del dott. Francesco Stanzione.

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